Articoli di Giovanni Papini

1955


in "Schegge":
Animali intorno casa
Pubblicato in: Il nuovo Corriere della Sera, anno LXXX, fasc. 91, p. 3
Data: 17 aprile 1955


pag. 3




   Io son sempre chiuso in casa come il romito nella sua grotta o l'ergastolano nella sua cella. Ma sento, immagino e indovino la vita che vivono i viventi al di là dei miei muri.
   Le rondini hanno ripreso possesso del tetto che è sopra la terrazzina e vanno e vengono, con battiti bruschi di ali, per restaurare il vecchio nido o forse per farne uno nuovo.
   Sempre più di rado i piccioni randagi si posano sul colmigno del mio tetto per ripetere il loro gorgogliante lamento amoroso ma due o tre volte al giorno stormi di passerotti si precipitano sul cemento del marciapiede appena vedono biancheggiare le briciole di pane a loro destinate.
   I pettirossi, a quanto sembra, hanno scelto il più grande dei tigli per fabbricare la loro abitazione perchè ogni tanto si vede il maschio che fa pompa del suo piumaggio caldo e vivo dondolandosi sulla cima di un ramo e par che goda, allo stesso tempo, del tepore dorato del sole, del suo bel petto purpureo e della sua giovane libertà.
   I merli, i più vecchi e i più vistosi abitanti del mio giardino, son molti, formosi, chioccolanti e pieni di vita. Fino ad ora avevano preso dimora nel cedro gigante ma scapezzato dalla folgore che è dietro la casa. Ma la prepotente tribù dei merli si deve essere moltiplicata perchè uno di loro, vispo e gagliardo, si dà un gran daffare sulla cima della palma portando fuscelli e stecchi col suo splendido becco giallo.
   Vicino ai rosai non ancora fioriti c'è uno strano terzetto che suscita strani sospetti. Due gatti grossi, uno quasi tutto bianco e l'altro quasi tutto nero, hanno preso nel mezzo il gattino giovane, quello che non ha neppure un anno ed ha una bellissima tigratura di nero forte sopra un morbido e lustro pelo tra il bruno e il fulvo. I due gatti anziani pare che facciano dei grandi ragionamenti al gattino adolescente e vergine e sembrano due navigati furfanti che cerchino coi loro miagolamenti in sordina di traviare e di corrompere l'innocente novizio. Il gattino, elegantissimo nella sua pelliccia scura e tutta nuova, ascolta un po' incantato e un po' diffidente, ma ad un tratto si stacca dai cattivi compagni e scatta in un bel salto che lo porta sulla tavola di marmo.
   I due sciupati gattacci si allontanano delusi e spariscono al di là del muro. Dopo qualche minuto compare una vezzosa gatta giovanetta, rivestita d'un delicatissimo grigio cosparso di toppe morate. Si ferma sotto la tavola di marmo e alza il musino in su per guardare il maschiotto tigrato che si è messo in posa sul piano bianco e non mostra nessuna voglia di scendere. Anche lui però fissa la gattina che lo sta fissando dal basso e tutt'e due hanno un'espressione di seria e pudica curiosità. Si guardano, si osservano, si scrutano e forse si ammirano, per parecchi minuti, senza fare un movimento nè mutare posizione. Seguitano a guardarsi, immoti, muti, gli occhi negli occhi e ancora non sanno che tra essi sta nascendo, in questa soave mattina di primavera, quella confusione di desideri e di paure che gli uomini chiamano amore.


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